Abbiamo lasciato passare il bracket delle saghe videoludiche, quello dei cattivoni, quello delle bandiere. Presa visione del tabellone delle 64 serie che si giocheranno la corona a partire da oggi, però, la redazione di The Cutting Edge Radio ha deciso di scendere in campo e schierarsi, dividendo le sue serie preferite in quelle che non vinceranno, quelle che lo faranno e una piccola serie di snub (serie ignorate ma valevoli di nomina e forse pure di vittoria).
La votazione parte oggi sul Twitter di The House Of Brackets. Non mancatelo!
DOVREBBERO VINCERE MA NON LO FARANNO
OZ
Nata nel 1999 dalla penna di Tom Fontana, professore di sceneggiatura, Oz è una rappresentazione a volte teatrale del Paradiso, una particolare area del carcere di massima sicurezza di Oswald (forse in Pennsylvania, ma nessuno lo sa).
Fu la prima serie TV nel formato 50 minuti. HBO utilizzò quindi Oz per creare quello che sarebbe stato una standard. Quello che però il resto del medium non ha colto è tutto quello che avviene in quei 50 minuti.
Il narratore è un detenuto, Augustus Hill, che dalla sua sedia a rotelle racconta con continui rimandi alla vita di tutti i giorni quello che succede in Paradiso. La lotta per il potere, la droga, il sesso, la vendetta sono all’ordine del giorno, e nulla di questo può essere risparmiato allo spettatore; egli assiste incredulo alla morte prematura dei suoi protagonisti preferiti e alle violenze senza confine che l’ambiente carcerario favorisce nonostante gli sforzi del creatore del Paradiso, Tim McManus, che incassa una delusione dopo l’altra nel tentativo di riabilitare i carcerati del suo braccio.
Oz è stato il trampolino per molti attori: JK Simmons ha vinto un Oscar, un paio sono andati a fare Lost, Cristopher Meloni per anni è stato l’attore più pagato d’America in Law&Order.
La coerenza, la forma narrativa, la perfezione delle sottotrame e come tutto finisca nella più disarmante linearità e fedeltà all’idea originale dovrebbe insegnare molto a chi produce una serie TV odierna. OZ è il nonno delle serie TV contemporanee, ha valenza sociale, registica e colpisce chiunque. Il fatto che da molti, per la sua crudezza, non sia digeribile non ha importanza.
I Sopranos (che di Oz è quasi un approfondimento), Cowboy Bebop e BoJack Horseman sono altre serie valide nella sua parte di tabellone. Ma voi dovete votare per Oz.
MAD MEN
La risonanza di Mad Men è dappertutto. Chiunque voglia fare pubblicità deve guardarlo, e coincidentalmente deve farlo anche chi vuole recitare, chi vuole scrivere una sceneggiatura, chi vuole cimentarsi nella regia.
L’ambizione di descrivere fedelmente gli anni ‘60 in America è già di per sé scriteriata. La totale fedeltà ad aziende citate, la coerenza che serve per raccontare l’assassinio di Kennedy, la guerra in Vietnam, la morte di Marylin Monroe nel contesto sociale statunitense sono successi quasi impossibili. Metterci dentro Don Draper, di gran lunga il più carismatico e moderno personaggio di qualsiasi serie TV mondiale, sembrava la ricetta per un disastro grottesco. Invece Mad Men fa tutto al suo meglio.
Ogni puntata è giocata sul detto, non detto, suggerito allo spettatore, in un tripudio di coinvolgimento che non si è mai visto sul piccolo schermo. Draper è misogino, ma irresistibile. Ricco, ma si comporta da povero. Carismatico e brillante ma vuoto dentro. Le amiche della moglie le dicono che è un figo, lei lo odia. Se tutti gli uomini possono immedesimarsi in lui, Mad Men crea un castello di relazioni in cui anche le donne possono prendere parte. Anzi, forse Mad Men è proprio creata per le donne, cosa rarissima nell’industria della TV.
Ovviamente per sostenere una infrastruttura simile, gli attori devono essere perfetti. Nessuna interpretazione è sbagliata, e nessuno di loro inadatto al suo ruolo. L’epopea pubblicitaria, ma anche sociale e personale di Don Draper, Peggy Holson, Joan Holloway, Roger Sterling è un’occasione, per tutti, di arricchirsi.
Mad Men è dalla parte del tabellone di Twin Peaks, altro pezzo da novanta. Che però ha il difetto di non essere per nulla trasversale. Assicuratevi che le avventure di Don Draper lo spazzino via sulla strada del quarto di finale.
LOST
Anche in puntata è stato aspramente criticato. L’esperimento Lindelof-Abrams che parla di un gruppo di viaggiatori che finisce su un’isola deserta per poi scoprire che è tutt’altro che così si merita tali rimproveri.
Ci si mette circa due serie a rendersi conto che il tutto finirà in caciara. Linee narrative abbandonate, personaggi che si vedono per dieci minuti poi spariscono per millenni, e soprattutto la sensazione che i due di cui sopra ti stiano semplicemente prendendo in giro.
Il problema (la goduria, invece) è che Lost ha per primo innescato curiosità seriali negli appassionati. Un cliffhanger dopo l’altro ha cavalcato i social media, demonizzato lo spoiler e portato la televisione nell’era contemporanea.
La vicenda, per quanto bene introdotta nella prima stagione, e i suoi personaggi hanno poco di originale. Tutto fluttua in un limbo di fantascienza infinito, appeso tra stranezze di ogni tipo che lo spettatore vorrebbe capire nella puntata successiva, ma che immancabilmente non potrà. Nell’affastellamento mentale ci finiscono anche gli sceneggiatori, costretti qui e lì a tagliare le sottotrame, pena soccomberci altrimenti.
Lost non è un capolavoro, non è rifinito sotto nessun punto di vista, e le interpretazioni sono dimenticabili. Ma bisogna riconoscergli che, dopo Oz, ha rappresentato un’altra innovazione.
Dalla parte di Mad Men del tabellone, sarà interessante vedere questo scontro. Ovviamente dovrete votare per il suo concorrente, ma confidiamo che traghetterete il volo Oceanic almeno fino a lì.
VINCERA’ MA NON DOVREBBE
GAME OF THRONES
Ispirato a una serie di romanzi fantasy, Game of Thrones è forse la più celebre saga fantasy nel formato serie televisiva. Per le prime stagioni regge il confronto con il meglio: produzione stellare, moderna, che ha il pregio di descrivere l’ambiente e i personaggi nel miglior modo possibile.
Quando però, a occhio e croce alla fine della terza stagione, entrambi questi elementi si solidificano, la serie inizia a far schifo. Non è più lecito aspettarsi chissà quali sorprese e si intuisce facilmente dove la trama principale andrà a parare.
Inoltre ci sono intere linee narrative abbandonate, che trasformano l’investimento dello spettatore nello sciropparsi decine di puntate didascaliche completamente inutile. Le ultime due stagioni sono state scritte senza il supporto dei libri, che l’autore non aveva ancora terminato. Ovviamente a quel punto qualsiasi coerenza è andata a puttane. In una puntata la protagonista prende un drago e fa il giro del Mondo in 7 ore, mentre per sei serie precedenti le transumanze duravano intere stagioni. Solo un esempio di come GoT sia arrivato slegato e inverosimile alla sua puntata finale.
Dalla sua parte del tabellone è tutto più bello. Watchmen, Seinfeld, Six Feet Under, i Sopranos e Cowboy Bebop. Non deve uscire da qui. Ma lo farete vincere. Inspiegabilmente.
GLI SNUB INCREDIBILI
THE SHIELD
Per quale motivo il miglior poliziesco classico della TV non sia nemmeno in tabellone ci sfugge. The Shield racconta il lavoro dello Strike Team, un’unità speciale della polizia di Farmington a Los Angeles, capitanato da Vic Mackey. Piccolo particolare: Vic mantiene la pace nel difficilissimo quartiere a suon di bustarelle e favori alle gang.
Ispirato a vicende reali che portarono all’aresto di una trentina di agenti nella vera Los Angeles, lo show poi fa gonfiare la torta. Arrivano tutte le mafie del Mondo: armeni, salvadoregni, italiani. Vic e la sua squadra sempre in mezzo, a volte complici a volte vittime. Molto più spesso vittime di loro stessi.
The Shield si chiude con la puntata finale (divisa in due parti un po’ più lunghe del solito) in cui Vic dovrà confrontarsi con le sue malefatte, in una nostalgia che inizia nei titoli di coda e non ci lascerà mai.
Michael Chiklis ha vinto un Emmy e un Golden Globe per l’interpretazione di Vic Mackey; ma è stato Walton Goggins a ricevere il miglior premio interpretando il suo braccio destro, Shane Vendrell. Infatti Quentin Tarantino ha ora in lui un protagonista fisso dei suoi film, come in Django Unchained e The Hateful Eight.
Nel tabellone stava bene dappertutto, stiamo quasi piangendo per la sua esclusione.
FARGO
Se è entrato in tabellone True Detective, non vediamo perché Fargo debba rimanere fuori. Ogni serie di Fargo è una storia a sé (anche se, per i cultori, interlacciate da alcuni particolari) che racconta di un cattivo che vuole distruggere il Mondo, un buono che vuole salvarlo e di una serie indimenticabile di personaggi nel mezzo che immancabilmente soccombono.
Le riflessioni sul bene e il male dei fratelli Cohen sono esercizio registico – portato avanti da Noah Hawley – per veri sommelier cinematografici. Per quanto cerchino di mettere lo spettatore a suo disagio, riescono sempre ad affermare che quella che stanno vedendo non è realtà, ma finzione. Peccato però che presentino il loro nuovo Fargo (il film è degli anni ‘90) come tratto da storie realmente accadute…
Il gioco di questa serie è quindi quello di farvi impazzire dietro ai suoi scatti e alle sue imprevedibilità, mai scadendo nel banale o nel comodo. In un certo modo un valido poliziesco, questa serie è per veri amanti dell’arte camminando sul filo del pulp ma distanziandosene nello stile, fedele a sé stesso per quanto possibile.
Giunto alla sua quarta stagione, Fargo non è parte del tabellone nonostante sia il (giustissimo) divertimento di quelli che “ne sanno” pur essendo assolutamente mainstream e conosciuto. Mistero!
LO SNUB COMPRENSIBILE
BANSHEE
Banshee racconta di un ex galeotto uscito di prigione e intenzionato a riavvicinarsi alla sua donna di dieci anni prima, che ora vive in una città mormona della Pennsylvania chiamata per l’appunto Banshee.
Il protagonista diventa immediatamente sceriffo (quello vero muore in un bar e lui lo sotterra in un bosco e ne prende l’identità) dando il via a una divertente serie d’azione che si esaurisce in digeribilissimi 38 episodi.
Il nuovo sceriffo – che non ha un nome e mai esso verrà rivelato – fa sempre due cose in ogni puntata: va a letto con una bella donna e uccide qualcuno. Spesso in modo terrificante; la seconda cosa, non la prima, avete capito.
Il livello di gore è altissimo, la tensione sempre alle stelle, ma miracolosamente Banshee rimane anche delicato, esprimendo i tormenti e la disperazione di tutti i suoi personaggi in modo straordinario.
Facile capire come non sia tra le migliori 64 serie di sempre: in pratica è vietato alle donne. Spesso il gentil sesso viene dipinto inerme, con tutte che cascano nella trappola di fascino del protagonista, e poi finiscono ammazzate in qualche modo raccapricciante. Banshee è particolarissimo, ma non per tutti. La maggior parte delle persone lo trova rivoltante, volgare. Noi sappiamo solo che è appassionato e intrattiene come poche serie riescono a fare. Non è abbastanza per entrare nel bracket, ci rendiamo conto.
GLI ALTRI
The Wire è il meglio di quello che non abbiamo affrontato in questo articolo. Dalla sua parte di tabellone ha pochi rivali e deve superare almeno due o tre turni. La sfida al primo turno più straziante è quella tra i Sopranos e Cowboy Bebop. Quest’ultimo merita di passare il turno essendo l’unico Anime considerato – con tanti saluti a Neon Genesis Evangelion, altro snub a questo punto incomprensibile.
Anche The Leftovers è un buon modo di utilizzare il proprio diritto al voto.
Tra le serie umoristiche, The Office (US) è la più consigliabile, giustamente inserito nelle dodici teste di serie. La sua comicità d’ufficio, a volte davvero sfrenata, è anche un buon modo per fare in modo che, in questo periodo, non vi manchi troppo il luogo di lavoro.
The Shield, Fargo, Banshee, True Detective, Twin Peaks 2, The Wire e ovviamente Oz sono reperibili interamente su Sky. The Shield sta per arrivare su Amazon Prime Video, dove trovate anche Mad Men, Lost e The Office (US). Netflix è diventata l’anno scorso la casa di Neon Genesis Evangelion. Se non avete visto Game of Thrones, invece, non cercatelo. E votate contro.
Buon bracket a tutti dalla redazione di The Cutting Edge Radio.